sabato 27 aprile 2013

Spese straordinarie per i figli : stop alle incomprensioni ! Da Bergamo un vademecum per evitare la lite.


* A cura dell'Avvocato Chiaralisa Uttieri , del Foro di Napoli.

Prevenire è meglio ! Per disinnescare il conflitto tra genitori in tema di spese straordinarie , il Tribunale di Bergamo ha elaborato questo dettagliato protocollo .

-       L'obbligo di ciascun genitore a concorrere al 50% nelle spese non coperte dall’assegno periodico che si rendessero necessarie per la prole va determinato secondo il seguente schema:
spese mediche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) visite specialistiche prescritte dal medico curante; b) cure dentistiche presso strutture pubbliche; c) trattamenti sanitari non erogati dal Servizio Sanitario Nazionale; d) tickets sanitari;
spese mediche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) cure dentistiche, ortodontiche e oculistiche; b) cure termali e fisioterapiche; c) trattamenti sanitari erogati anche dal Servizio Sanitario Nazionale; d) farmaci particolari;
spese scolastiche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e universitarie imposte da istituti pubblici; b) libri di testo e materiale di corredo scolastico di inizio anno; c) gite scolastiche senza pernottamento; d) trasposto pubblico; e) mensa;
spese scolastiche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e universitarie imposte da istituti privati; b) corsi di specializzazione; c) gite scolastiche con pernottamento; d) corsi di recupero e lezioni private; e) alloggio presso la sede universitaria
spese extrascolastiche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) tempo prolungato, pre-scuola e dopo-scuola; b) centro ricreativo estivo e gruppo estivo;
spese extrascolastiche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) corsi di istruzione, attività sportive, ricreative e ludiche e pertinenti attrezzature; b) spese di custodia (baby sitter); c) viaggi e vacanze

mercoledì 24 aprile 2013

Si stacca del laterizio dal condominio ? Il risarcimento spetta, anche senza i testimoni


Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 16 aprile 2013 n. 9140

La Corte d'Appello aveva rigettato la domanda dell'attore che , caduto per la presenza di materiale staccatosi dalla parete condominiale, non aveva potuto contare sulla presenza di testimoni al momento del sinistro.
I Supremi Giudici hanno ritenuto non essenziale questa prova così motivando :" in casi quali quello di specie la causa è sempre individuata presuntivamente in relazione al contesto”. “Così, ad esempio  se un’autovettura slitta in un punto della strada dov’è presente del brecciolino, la causa dello slittamento ben potrà essere attribuita alla presenza di quel materiale anche se non vi siano stati testi che abbiano assistito alle modalità del fatto. Lo stesso vale per le cadute su pavimento bagnato, o lungo scale con gradini sconnessi e così via”.


Ha quindi errato il giudice di merito che ha  “ escluso la sussistenza di nesso causale solo perché non v’erano testi che avessero assistito alle modalità della caduta (il che dipende esclusivamente dal caso), senza scrutinare se a diverse conclusioni potesse in ipotesi pervenirsi sulla scorta dell’apprezzamento di fatti idonei ad ingenerare presunzioni, così consentendo di inferire la ricorrenza del fatto ignoto (causa della caduta) da quello noto (presenza di materiali di risulta) alla luce delle nozioni di fatto comune esperienza, che integrano com’è noto una regola di giudizio”.

Tuttavia la suprema Corte ha pure ritenuto rilevante la condotta dell'attore che, in quanto condomina sarebbe stata a conoscenza dello stato dei luoghi ed avrebbe dovuto adottare consequenziale condotta prudente.
 “La qualità di condomina della persona incorsa nella caduta, come tale a conoscenza della pericolosità del contesto … imponesse una particolare cautela nell’affrontare la discesa delle scale e di ravvisarne per tale via il concorso nell’accadimento del fatto”.

giovedì 18 aprile 2013

Trattamento illecito dei dati sensibili + invio di pubblicità indesiderata a mezzo fax = danno morale pari ad euro 5.000

Tribunale di Brescia

Sentenza 4 marzo 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Brescia, Sezione Prima civile, nella persona del Giudice unico dott. Lorenzo Benini

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n. 8114/2010 Ruolo Generale promossa da

M. D., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Brescia, presso l’Avv.to MARCHESI MATTIA, che lo rappresenta e difende per procura in atti

ATTORE

contro

W.....T............. SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Brescia, presso l’Avv.to CODIGNOLA ENRICO, e rappresentato e difeso dall’Avv.to Prof. D’ERCOLE STEFANO del foro di Roma per procura in atti

CONVENUTO

In punto: Responsabilita per l’esercizio di attivita pericolose (art. 2050 c.c.)

CONCLUSIONI

Dell’attore

“IN VIA PRINCIPALE: Voglia l’Ili.mo Tribunale adito, previa ogni più utile declaratoria del caso e di diritto in merito a quanto esposto in narrativa, ogni diversa e contraria istanza disattesa

OGGETTO:

Responsabilita per l’esercizio di attivita pericolose (art. 2050 c.c.) anche in via istruttoria ed incidentale, accertato che l’attività di parte convenuta si è caratterizzata per un illecito trattamento dei dati personali con la conseguente violazione del diritto alla privacy dell’attrice, condannare W.......... S.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno pari ad € 23.000, ovvero nella misura maggiore o minore da stabilirsi in via equitativa.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre al rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge.”

Del convenuto

“Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria eccezione, deduzione e difesa, così provvedere:

- in via preliminare, accertare e dichiarare l’incompetenza territoriale del Tribunale di Brescia e, per l’effetto, dichiarare competente il Tribunale di Roma con ogni consequenziale provvedimento;

ancora in via preliminare, accertare e dichiarare l’improcedibilità dell’azione promossa dall’avv. D. M. con atto di citazione notificato alla Wind in data 4/7 maggio 2010, a mezzo del servizio postale, per difetto dell’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione;

- nel merito, disattendere e rigettare, comunque, tutte le domande formulate dall’avv. D. M. nel proprio atto di citazione notificato alla W...... in data 4/7 maggio 2010 a mezzo del servizio postale, in quanto infondate in fatto e in diritto per le motivazioni esposte in narrativa e, comunque, perché non provate.

Con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese di lite.”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 4 maggio 2010 M. D. evocava in giudizio W..........S.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e morale conseguente all’illecito trattamento dei propri dati personali da parte della convenuta, la quale aveva, nonostante l’espressa richiesta di cessazione, inviato a mezzo fax materiale pubblicitario all’utenza del suo studio professionale.

La convenuta si costituiva, eccependo l’incompetenza territoriale del giudice adito essendo invece competente il Tribunale di Roma, sia ai sensi dell’articolo 19 c.p.c. quale foro generale delle persone giuridiche, sia ai sensi dell’articolo 20 c.p.c. per l’essere il fatto stato commesso in Roma.

Eccepiva l’improcedibilità dell’azione, in assenza di prova dell’avvenuto tentativo di conciliazione di cui alla legge 249 del 1997.

Nel merito, osservava che parte attrice aveva espressamente autorizzato l’invio di materiale commerciale con riguardo una linea residenziale attivata nel 1999 e cessata nel 2004, e che tale autorizzazione doveva ritenersi estesa anche alla linea per cui è causa ai sensi dell’articolo 130, punto 4, del decreto legislativo 196 del 2003. In ogni caso, appena ricevuto la comunicazione, la convenuta

aveva provveduto a disabilitare l’invio di fax.

I fax venivano comunque inviati a intervalli temporali molto lunghi, in media uno ogni 12 giorni, e quindi con cadenza non idonea a limitare l’operatività del fax o da potersi considerare assillante.

Mancava poi qualunque prova del danno lamentato, che non poteva essere surrogata dalla richiesta valutazione equitativa ex articolo 1226 c.c.; neppure sussisteva una ingiustizia costituzionalmente qualificata che potesse giustificare la liquidazione del danno non patrimoniale, trattandosi al più di mero disagio. Chiedeva per questo l’accoglimento delle conclusioni trascritte in epigrafe.

Assegnati i termini di cui all’art. 183 c.p.c., la causa veniva trattenuta in decisione sulle precisate conclusioni senza assumere prove.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione preliminare di incompetenza per territorio del giudice adito è infondata, e va quindi disattesa. Ai sensi dell’articolo 20 c.p.c., se l’obbligazione deriva da fatto illecito il foro si identifica nel luogo ove si verifica il fatto produttivo del danno, ricomprendendosi nella nozione di fatto, oltre al comportamento illecito, anche l’evento dannoso che ne deriva; qualora i due luoghi non coincidano, il forum delicti deve essere identificato con riguardo al luogo in cui è avvenuto l’evento.

Parimenti infondata è l’eccezione di improcedibilità della domanda. Risulta infatti che la domanda di conciliazione venne trasmessa in data 3 marzo 2010, mentre l’atto di citazione venne notificato in data 4 maggio 2010, e quindi oltre il termine di 30 giorni per la conclusione del procedimento di conciliazione stabilito dall’art. 1, comma 11, della legge 249 del 1997.

Nel merito, risulta pacifico e documentalmente provato l’invio allo studio professionale di parte attrice di venti fax pubblicitari da agosto 2009 ad aprile 2010, di ulteriori ventiquattro da maggio 2010 a luglio 2010, e di ulteriori sei in corso di causa.

Risulta altresì documentalmente provato che con lettera raccomandata del 27 luglio 2009 parte attrice ebbe a diffidare formalmente la convenuta dall’invio di materiale pubblicitario a mezzo fax; ciò esonera questo Giudice dal valutare se il consenso prestato in relazione all’utenza domestica possa essere valido anche per l’utenza professionale.

Stabilisce l’art. 130 del D.Lvo 196 del 2003 che l’uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito solo con il consenso dell’interessato. Evidente quindi appare l’illecito trattamento dei dati personali di parte attrice, ed il diritto di questa al risarcimento del danno sofferto.

La risarcibilità del danno morale in conseguenza dell’illecito trattamento dei dati personali è espressamente stabilita dall’art. 15 del D.Lvo 196 del 2003. Circa la concreta liquidazione, ritiene il Tribunale che non possa non tenersi conto del fatto che il

comportamento è proseguito non solo dopo l’espressa diffida, perdurando addirittura in corso di causa; tale dato non può non comportare un particolare patimento e disagio dell’attore, che non ha visto riconosciuto il proprio diritto neppure dopo la notifica della citazione.

Si ritiene quindi di ragione ai sensi dell’art. 1226 c.c., tenuto anche conto del numero di fax pervenuti (si può immaginare il disagio di parte attrice nell’attendere una comunicazione importante e nel vedere giungere invece un’informazione pubblicitaria) e del lungo arco di tempo in cui il comportamento illecito si è manifestato, riconoscere la somma di Euro 5.000,00, così liquidata al valore attuale e comprensiva altresì del danno emergente costituito dal costo del toner e della carta.

Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando, in accoglimento della domanda, condanna parte convenuta al pagamento, in favore di parte attrice, della somma di Euro 5.000,00, così liquidata al valore attuale, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo effettivo condanna parte a rimborsare le spese di lite a favore di parte, liquidandone l’ammontare in Euro 2.100,00 per compensi professionali ai sensi del D.M. 1 agosto 2012 ed Euro 195,00 per spese, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Brescia, il giorno 04/03/2013

IL GIUDICE

(Dott. L. Benini)

mercoledì 3 aprile 2013

Cartelle pazze ? Ecco i rimedi per farle " rinsavire"

* a cura dell'Avvocato Armando Rossi , membro del Consiglio delll'Ordine degli Avvocati di Napoli 

Rimedi contro le cd. “Cartelle pazze”.
In questi giorni ho approfondito una questione professionale ed oggi intendo mettere a disposizione di tutti i colleghi alcune mie riflessioni in merito.
Un mio cliente aveva ricevuto alcune cd. cartelle pazze, ovvero le cartelle di pagamento che il concessionario per la riscossione emette in relazione ad un importo che l'ente impositore iscrive erroneamente a carico di un contribuente.
Sono partito dalla legge n. 228, contenente le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, denominata "Legge di stabilità 2013”, approvata dal Parlamento il 24 dicembre 2012, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2012 ed entrata in vigore il primo gennaio 2013.
Il testo normativo è costituito da un unico articolo, composto da 560 commi, che, tra l'altro, contiene disposizioni volte appunto a disciplinare il fenomeno delle cd. cartelle pazze.
Fino all'entrata in vigore della legge di stabilità, il contribuente che non voleva ricorrere al giudice, poteva agire in autotutela, chiedendo all'ente impositore di annullare l'iscrizione a ruolo. Tuttavia, tale procedura non lo metteva al riparo dall'attività di riscossione del concessionario.
Oggi, il contribuente, nel momento in cui riceve una cartella di pagamento, una comunicazione di preavviso di iscrizione ipotecaria o la notifica dell'avviso di vendita immobiliare, può presentare una dichiarazione al concessionario provocando l’immediata sospensione della procedura di riscossione.
I commi dal 537 al 545 della legge di stabilità disciplinano questo tipo di procedimento.
La dichiarazione deve contenere l’indicazione delle somme, in tutto o in parte, erroneamente iscritte a ruolo poste a fondamento dell’atto emesso dal concessionario della riscossione e dovrà essere inviata dal contribuente al concessionario, anche in via telematica, entro 90 giorni dalla notifica di uno degli atti in precedenza indicati.
Il contribuente puó presentare la dichiarazione se gli atti emessi dall’ente creditore, prima della formazione del ruolo o la cartella di pagamento, sono interessati:
a) da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella
in cui il ruolo e` reso esecutivo;
b) da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore;
c) da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore;
d) da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte;
e) da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore;
f) da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso.
Veniamo all’iter previsto.
Il concessionario, entro 10 giorni dal ricevimento della dichiarazione, trasmette quest'ultima, corredata dagli allegati inviati dal contribuente, all’ente impositore, al fine di verificare le motivazioni esposte dal contribuente e, in caso di loro conferma, di ricevere la trasmissione del relativo atto di sospensione o sgravio.
A sua volta, l’ente impositore, trascorsi 60 giorni ed entro 220 giorni dalla trasmissione di cui al punto precedente, conferma al contribuente, a mezzo raccomandata con ricevuta ritorno o posta elettronica certificata, l'eventuale validità delle ragioni addotte e, in caso positivo, nel medesimo termine, trasmette al concessionario il provvedimento di sospensione o di sgravio.
In caso contrario, qualora le ragioni addotte dal contribuente non vengano riscontrate, l’ente impositore comunica al contribuente ed al concessionario l’inidoneità della documentazione e dispone la ripresa dell’attività di riscossione.
Se, nel termine indicato di 220 giorni, l’ente impositore non dia riscontro alla dichiarazione, le somme iscritte a ruolo sono annullate di diritto.
Qualora il contribuente produca documentazione falsa a sostegno della dichiarazione presentata al concessionario della riscossione, oltre a rispondere penalmente, subisce l’irrogazione di una sanzione amministrativa dal 100% al 200% delle somme dovute, con un minimo di 258 Euro.
La legge prevede anche una disciplina transitoria, applicabile alle dichiarazioni presentate al concessionario della riscossione prima dell’entrata in vigore della presente legge, laddove il termine concesso all’ente impositore per fornire riscontro al contribuente ed al concessionario della riscossione circa la dichiarazione del contribuente è di 90 giorni e decorre dalla data di pubblicazione della stessa.
Tuttavia, decorsi 220 giorni senza che l’ente impositore abbia dato riscontro alla dichiarazione, anche in questo caso le somme iscritte a ruolo sono annullate di diritto.
Viene, infine, previsto che, per la riscossione di debiti non superiori a 1.000 Euro, intrapresa successivamente all’entrata in vigore della legge, che non si possa procedere ad azioni cautelari ed esecutive prima che siano decorsi 120 giorni dall’invio di una comunicazione contenente il dettaglio delle partite iscritte a ruolo, ad eccezione del caso in cui l’ente impositore non abbia già comunicato l’inidoneità della documentazione presentata dal contribuente a corredo della dichiarazione.
Subito dopo l'entrata in vigore della legge, il Gruppo Equitalia è intervenuto, con la direttiva n. 2/2013 dell’11 gennaio 2013, che le dichiarazioni del contribuente, presentate dopo i novanta giorni dalla notifica dell'atto impositivo, sono tardive, mostrando di considerare tale termine come perentorio.
Sul punto, occorre innanzitutto precisare che quando la legge intende un termine come perentorio, lo qualifica espressamente come tale (il che, nel caso che ci occupa, non è avvenuto). Ma è necessario aggiungere che una tale interpretazione sarebbe in contrasto pratico con i casi in cui la dichiarazione del contribuente si fondasse su uno sgravio o su una conseguita sospensione giudiziale, laddove, in presenza di uno sgravio, ad esempio, il contribuente sarebbe costretto, in ogni caso a pagare, in conseguenza dell'inammissibilità della dichiarazione, conseguente al ritardo nella presentazione della stessa.
Equitalia ha, altresì, chiarito che l’obbligo di sospensione immediata della riscossione, a seguito della dichiarazione del contribuente, riguarda non solo le cartelle di pagamento, ma anche gli avvisi di accertamento esecutivi. In questi casi la richiesta del contribuente potrà essere avanzata solo dopo che siano decorsi ulteriori 30 giorni dalla scadenza per il pagamento dell’accertamento. Infatti, solo dopo che è stato verificato il mancato pagamento, da parte dell'ente impositore, quest'ultimo trasmette gli atti al concessionario, al quale, come rilevato, va inoltrata la dichiarazione.
Va, infine, precisato che l'annullamento a seguito della procedura indicata ha natura amministrativa, per cui non esclude la possibilità e, in alcuni casi, l'opportunità di presentare, comunque, un ricorso giurisdizionale.