lunedì 26 agosto 2019

Renino & Partners Avvocati: Spiare la chat del partner è sempre reato : anche ...

Renino & Partners Avvocati: Spiare la chat del partner è sempre reato : anche ...: Lui scopre il tradimento della moglie spiandone la chat su internet: la Corte di Cassazione annulla la sentenza che lo aveva assolto  ...

Spiare la chat del partner è sempre reato : anche in caso di tradimento

Lui scopre il tradimento della moglie spiandone la chat su internet: la Corte di Cassazione annulla la sentenza che lo aveva assolto 

Con la sentenza 34141/2019 la Quinta Sezione Penale della Suprema Corte ha cassato la decisione della Corte d'Appello di Milano in cui l'uomo era stato riconosciuto innocente

dell'Avvocato Ciro Renino



Per scoprire il tradimento della moglie il signor SG aveva profittato del computer lasciato accesso ed aveva così avuto accesso al profilo Skype della partner . Poi , aveva continuato a navigare , accedendo alla chat della moglie . Forse già covava sospetti o forse no : fatto sta che nelle comunicazioni informatiche della partner l'uomo crede di scoprire le prove certe dell'infedeltà, confermate anche dalla presenza di foto intime e compromettenti . 

Quindi di queste prove il signor SG fa una stampa e deposita il tutto dinanzi al Tribunale nella causa di separazione personale. 

La moglie tuttavia non rimane inerte . 

La signora ER denuncia il marito per aver violato la segretezza della sua corrispondenza ed averla comunicata a terzi . 

Sia il Tribunale di Monza che la Corte d'Appello di Milano non danno seguito alle doglianze della moglie ed assolvono l'uomo, ritenendo l'uomo innocente. 

La Corte di Cassazione , nella sentenza ut supra indicata , ha però rovesciato i due precedenti verdetti, cassando la sentenza assolutoria ultima pronunciata e rinviando dinanzi alla Corte d'Appello meneghina. 

Secondo gli Ermellini , se anche il marito avesse davvero avuto accesso al profilo skype della moglie per mero caso , quanto rileva è l'illecito mantenimento dell'accesso nel sistema informatico .

Neanche costituirebbe momento giustificativo per il marito la circostanza , pure addotta dalla Difesa, circa la volontaria consegna della password di accesso che sarebbe stata realizzata dalla donna a favore del partner. 
Così motivano i Supremi Giudici.

" L'ulteriore affermazione della sentenza di primo grado ripresa nella sentenza di appello secondo cui non può escludersi che la persona offesa avesse "registrato" la password per non doverla riscrivere in occasione di ogni accesso non esclude che il sistema informatico in questione fosse munito di misura di sicurezza a protezione dello ius excludendi. A ciò può aggiungersi il riferimento a fortiori al principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui, in tema di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, non rileva la circostanza che le chiavi di accesso al sistema informatico protetto siano state comunicate all'autore del reato, in epoca antecedente rispetto all'accesso abusivo, dallo stesso titolare delle credenziali, qualora la condotta incriminata abbia portato ad un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante l'eventuale ambito autorizzatorio (Sez. 5, n. 2905 del 02/10/2018 - dep. 2019, Rv. 274596)".

A parere della Quinta Sezione Penale, l'uso in giudizio civile del materiale in questione,  non comporta immediatamente l'esimente di diffusione per giusta causa , prevista dall'articolo 616 , secondo comma cp. 
Secondo la Corte di Cassazione infatti :" Nei termini indicati, la nozione di "giusta causa" ex art. 616 c.p., comma 2, viene delineata dal giudice di appello in termini del tutto astrattizzanti in quanto correlati esclusivamente allo scopo perseguito (l'utilizzazione nel giudizio civile di separazione tra i coniugi) e, simmetricamente, privi di qualsiasi valutazione in ordine al "mezzo" attraverso il quale la corrispondenza telematica era stata conosciuta: sotto questo profilo, il vizio rilevato in relazione al capo concernente l'accesso abusivo al sistema informatico si riflette anche sulla valutazione in merito alla "giusta causa", sicchè anche per questa parte la sentenza impugnata deve essere annullata".

I Giudici di Legittimità hanno quindi rinviato la decisione nel merito alla Corte d'Appello di Milano che nel giudicare l'imputato dovrà attenersi ai principi indicati dalla Corte Suprema di Cassazione.