giovedì 26 maggio 2016

Il lavoratore dichiara di non aver più nulla a pretendere: non è una rinuncia ai diritti , il datore di lavoro può essere ancora "aggredito"


di Ciro Renino *
La Suprema Corte di Cassazione , nella sentenza 8606 del 2016 ha ribadito un principio di importante tutela del lavoratore. 
Se infatti , questi dichiara , per iscritto , di "non aver più nulla a pretendere dal datore di lavoro" nulla è perduto nei suoi diritti e potrà ancora agire per la sua miglior tutela .
Così ha precisato il Giudice delle leggi, in motivazione :" Alla luce della giurisprudenza di questa S.C. l'atto con il quale il lavoratore dichiara di non aver nulla a pretendere, a seguito della corresponsione di una determinata somma di denaro, non può considerarsi, per ciò solo, una rinunzia a tutti i diritti scaturenti dal rapporto di lavoro, in quanto tale locuzione è estremamente generica e non sempre è in grado di richiamare l'attenzione del lavoratore sui molteplici diritti che scaturiscono dal rapporto medesimo.
Ne consegue che non può assumere natura di transazione e non è identificabile come la "reciproca concessione" di cui all'art. 1965 c.c. la quietanza liberatoria sottoscritta dal lavoratore, la cui natura giuridica è quella di atto giuridico in senso stretto, mentre la rinuncia e la transazione sono negozi.
La rinuncia del lavoratore presuppone, per la propria validità ed efficacia, che questi abbia l'esatta rappresentazione dei diritti di credito di sua spettanza, che sia perfettamente consapevole che nulla ne infici la legittimità e che, ciò nonostante, volontariamente intenda privarsi della totale o parziale realizzazione delle varie ragioni creditorie, specificamente determinate o almeno determinabili.
In breve, la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa deve essere intesa, di regola, come semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell'interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti e, pertanto, alla stregua di una dichiarazione di scienza priva di efficacia negoziale".
Affinchè vi sia rinuncia ai propri diritti non basta che il lavoratore firmi di non aver più nulla a pretendere: infatti una dichiarazione del genere non costituisce transazione ed il lavoratore, volendo potrà anche intraprendere una nuova causa per vedersi riconosciute le cifre a cui aveva genericamente rinunciato".

*Titolare e fondatore di Renino & Partners Avvocati

lunedì 23 maggio 2016

Rapporto di lavoro simulato : se c'è licenziamento verbale il termine di 60 giorni non decorre





di Ciro Renino *

Può capitare  o meglio, dovrebbe non succedere che il lavoratore sia formalmente inquadrato nell'impresa "X" e che invece di fatto , il rapporto di lavoro intercorra con una un'altra struttura produttiva. Si tratta di una situazione che ovviamente si presenta particolarmente insidiosa per le aspettative del prestatore di lavoro .

In particolare la questione si fa spinosa laddove dovesse verificarsi ad esempio il licenziamento del lavoratore stesso.
Cosa dovrà fare il lavoratore se il licenziamento interviene solo ad iniziativa di uno dei due datori di lavoro ?

Ora le disposizioni di cui all’articolo 6 della l 15/7/66, numero 604, combinato con quanto previsto dalla legge 183/2010, articolo 32, terzo comma e con la previsione dell’articolo 55, comma 1 del decreto legislativo 81/2015.

Prevedono espressamente che nel termine di 60 giorni il lavoratore dovrà impugnare, prudentemente, con lettera raccomandata A/R il licenziamento irrogato , nei confronti di entrambi i datori di lavoro. 
In caso contrario il lavoratore decadrà dalla possibilità di impugnare il licenziamento e sostanzialmente di potersi opporre ad esso se ingiusto . 

Ma cosa succederà invece se il licenziamento è verbalmente comunicato al lavoratore ?


In questo caso nessun termine per impugnare parte.

Ecco sul punto è intervenuto il Ministero del lavoro che ha operato la distinzione tra le ipotesi di licenziamento comminato per iscritto, con contestuale comunicazione dei motivi, e di licenziamento verbale o di fatto (non scritto) o privo della comunicazione dei motivi.
 Sul punto si veda INTERPELLO MININISTERO DEL LAVORO 25 MARZO 2014, N. 12 (http://www.aib.bs.it/comunicazione/mostra_contenuto/55376 )
Lapplicazione del termine di decadenza presuppone, infatti, un licenziamento scritto e decorre, in tal caso, dalla data in cui il lavoratore riceve la comunicazione del licenziamento.


Al contrario, il licenziamento verbale (o di fatto) inefficace, con la conseguenza che il lavoratore può agire per fare dichiarare tale inefficacia entro il termine prescrizionale di 5 anni, senza lonere della previa impugnazione stragiudiziale”.

*Avvocato, fondatore e titolare di Renino & Partners Avvocati