La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che nel caso in cui il conduttore di immobile adibito a locazione ad uso non abitativo, per esempio commerciale, abbia esercitato il diritto di riscatto, non è più tenuto al pagamento dei canoni di locazione.
Nel caso di specie il proprietario dell'immobile aveva sostanzialmente ignorato l'esercizio del detto diritto da parte del suo inquilino ed aveva venduto ad un terzo l'immobile stesso, pretendendo nel frattempo appunto i canoni di locazione.
Ecco comunque la massima .
"Il conduttore di immobile urbano adibito ad uso non abitativo, il quale abbia
esercitato, con esito positivo, il diritto di riscatto del bene alienato ad un
terzo in violazione del suo diritto di prelazione, ed abbia continuato anche
dopo l'alienazione a detenere l'immobile in forza di contratto di locazione, è
tenuto alla corresponsione, in favore del proprietario, unicamente del prezzo
di acquisto, e non anche dei canoni di locazione fino alla data in cui la
sentenza di retratto sia divenuta efficace in virtù dell'integrale pagamento
del corrispettivo.<
L'esercizio del diritto di riscatto previsto dall'art. 39 della legge n. 392
del 1978 (Equo canone) a favore del conduttore di immobile urbano adibito ad
uso diverso dall'abitazione, pretermesso nel caso di vendita del bene locato,
ha come effetto la sostituzione ex tunc del titolare del diritto di riscatto al
terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base
della propria dichiarazione unilaterale recettizia. La pronuncia che decida
positivamente sul valido esercizio di detto diritto potestativo del conduttore
è, dunque, di mero accertamento del già avvenuto trasferimento".
Cass. civ., Sez. Un., 25 novembre 2011, n. 24906
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