martedì 30 dicembre 2014

LICENZIAMENTO DI RAPPRESAGLIA ? E' POSSIBILE LA REINTEGRA NEL POSTO DI LAVORO ANCHE NELLE AZIENDE FINO A 15 DIPENDENTI


di Ciro Renino*

Il peggio che possa temere un lavoratore subordinato è il licenziamento ritorsivo , cioè una risoluzione del rapporto di lavoro che risulta privo di vera e propria giustificazione e costituisce una risposta ad atteggiamenti legittimi del lavoratore.
Tanto si può verificare nel caso in cui vi siano richieste di pagamento di stipendi non ancora versati, per richieste di organizzazione del lavoro più aderente al contratto individuale o collettivo ?
Quali sono in questi casi le tutele previste a favore del lavoratore ?
Ebbene la Giurisprudenza offre speranze di integrale recupero del rapporto di lavoro de quo.
Sia nella Giurisprudenza di merito, in Tribunali e Corte d'Appello , per intenderci, che nella Giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione si considera il licenziamento di questo tipo , " ritorsivo", alla pari del più generico licenziamento discriminatorio, quello per intendersi che viene intimato per ragioni che riguardano il credo politico, religioso, l'orientamento sessuale, ecc.
La conseguenza è che tale licenziamento di rappresaglia è nullo e si tratta di un accertamento di nullità a cui consegue l'obbligo alla reintegrazione nel posto di lavoro anche nelle piccole aziende fino a 15 dipendenti.

La situazione non dovrebbe cambiare neanche con l'entrata in vigore del Jobs Act, poichè il licenziamento discriminatorio rimane salvo nella rielaborazione delle tutele previste dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

* Avvocato, titolare di Renino & Partners Avvocati

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