sabato 13 giugno 2020

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CONTRO IL MURO DELL'OMOFOBIA



 Ecco il testo della proposta di legge Boldrini-Speranza 



PROPOSTA DI LEGGE 

ART. 1. (Definizioni relative all’identità sessuale). 
1. Ai fini della legge penale, si intende per: a) « identità sessuale »: l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti: sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale; b) « identità di genere »: la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico; c) « ruolo di genere »: qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o donna; d) « orientamento sessuale »: l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi. 

ART. 2. (Modifiche all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654). 
1. Il comma 1 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, è sostituito dal seguente: « 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione fino a un anno e sei mesi chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima; 
  b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima ». 2. Al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima ». 

ART. 3. (Modifiche al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205). 
1. Al titolo del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: « e religiosa » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosa o motivata dall’identità sessuale della vittima ». 
2. Alla rubrica dell’articolo 1 del decretolegge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima ». 
3. Al comma 1 dell’articolo 3 del decretolegge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni: a) le parole: « per finalità » sono sostituite dalle seguenti: « per motivi »; b) dopo le parole: « o religioso » sono inserite le seguenti: « o relativi all’identità sessuale della vittima ». 
4. Il comma 2 dell’articolo 3 del decretolegge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituito dal seguente: « 2. La circostanza aggravante prevista dal comma 1 è sempre considerata prevalente sulle circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98 del codice penale, ai fini del bilanciamento di cui all’articolo 69 del codice penale ». 

ART. 4. (Pena accessoria dell’attività non retribuita in favore della collettività)
1. Dopo l’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, come modificato dalla presente legge, è inserito il seguente: « ART. 1-bis. – (Attività non retribuita in favore della collettività). – 
1. Con la sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, il giudice dispone la pena accessoria dell’obbligo di prestare un’attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 2. 
2. L’attività non retribuita in favore della collettività, da svolgere al termine dell’espiazione della pena detentiva per un periodo da sei mesi a un anno, deve essere determinata dal giudice con modalità tali da non pregiudicare le esigenze lavorative, di studio o di reinserimento sociale del condannato. 
3. Possono costituire oggetto dell’attività non retribuita in favore della collettività: la prestazione di attività lavorativa per opere di bonifica e di restauro degli edifici danneggiati con scritte, emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654; lo svolgimento di lavoro in favore di organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, quali quelle operanti nei confronti delle persone disabili, dei tossicodipendenti, degli anziani, degli stranieri o in favore delle associazioni di tutela delle per- sone omosessuali, bisessuali, transessuali o transgender; la prestazione di lavoro per finalità di protezione civile, di tutela del patrimonio ambientale e culturale e per altre finalità pubbliche.  
4. L’attività può essere svolta nell’ambito e in favore di strutture pubbliche o di enti e organizzazioni privati ». 2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato con decreto del Ministro della giustizia sono determinate le modalità di svolgimento dell’attività non retribuita in favore della collettività, di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, introdotto dal comma 1 del presente articolo. 3. La lettera a) del comma 1-bis e i commi 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono abrogati. 

ART. 5. (Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni)
1. È istituita l’Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, di seguito denominata « Autorità ». 
2. L’Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è organo collegiale costituito dal presidente e da due membri, nominati con determinazione adottata d’intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Essi sono scelti tra persone di notoria indipendenza, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano autonomia e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani. 
3. I componenti dell’Autorità restano in carica per cinque anni non prorogabili e non possono ricoprire cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi in partiti politici. 
4. L’Autorità ha diritto di corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e con gli enti di diritto pubblico, nonché di chiedere ad essi, oltre a notizie e informazioni, la collaborazione per l’adempimento delle sue funzioni. 
5. All’Autorità sono attribuite le seguenti funzioni: a) fornire assistenza, nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi intrapresi, alle persone che si ritengono lese da comportamenti discriminatori; b) esaminare i reclami e le segnalazioni relativi a discriminazioni presentati dagli interessati o dalle associazioni operanti nel settore; c) svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria, inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori e, in caso di accertamento di violazioni, formulare specifiche raccomandazioni; d) promuovere misure specifiche, compresi progetti di azioni positive, dirette a evitare o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza, all’origine etnica o all’identità sessuale; e) diffondere la massima conoscenza possibile degli strumenti di tutela vigenti anche mediante azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul principio della parità di trattamento e la realizzazione di campagne di informazione e comunicazione; f) formulare pareri su questioni connesse alle discriminazioni per razza, origine etnica e identità sessuale, nonché proposte di modifica della normativa vigente; g) redigere una relazione annuale per le Camere sull’effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull’efficacia dei meccanismi di tutela, nonché una relazione annuale al Presidente del Consiglio dei ministri sull’attività svolta; h) promuovere studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze anche con le altre organizzazioni non governative operanti nel settore e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica, anche al fine di elaborare linee guida in materia di lotta alle discriminazioni. 
6. L’Autorità si avvale di personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni, anche in posizione di comando o di distacco, ove consentito dai rispettivi ordinamenti. 
7. È soppresso l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215. 8. Per il funzionamento dell’Autorità è autorizzata la spesa di 200.000 euro a decorrere dal 2018. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma « Fondi di riserva e speciali » della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occor- renti variazioni di bilancio.

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