CONTRO IL MURO DELL'OMOFOBIA
Ecco il testo della proposta di legge Boldrini-Speranza
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
(Definizioni relative all’identità sessuale).
1. Ai fini della legge penale, si intende
per:
a) « identità sessuale »: l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti: sesso biologico, identità di genere,
ruolo di genere e orientamento sessuale;
b) « identità di genere »: la percezione
che una persona ha di sé come uomo o
donna, anche se non corrispondente al
proprio sesso biologico;
c) « ruolo di genere »: qualunque manifestazione esteriore di una persona che
sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o
donna;
d) « orientamento sessuale »: l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di
persone dello stesso sesso, di sesso opposto
o di entrambi i sessi.
ART. 2.
(Modifiche all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654).
1. Il comma 1 dell’articolo 3 della legge
13 ottobre 1975, n. 654, è sostituito dal
seguente: « 1. Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, anche ai fini dell’attuazione
dell’articolo 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione fino a un anno e
sei mesi chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a
commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali,
religiosi o motivati dall’identità sessuale
della vittima;
b) con la reclusione da sei mesi a
quattro anni chiunque, in qualsiasi modo,
incita a commettere o commette violenza o
atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o
motivati dall’identità sessuale della vittima ». 2. Al comma 3 dell’articolo 3 della legge
13 ottobre 1975, n. 654, le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o motivati dall’identità sessuale
della vittima ».
ART. 3.
(Modifiche al decreto-legge 26 aprile 1993,
n. 122, convertito, con modificazioni, dalla
legge 25 giugno 1993, n. 205).
1. Al titolo del decreto-legge 26 aprile
1993, n. 122, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: « e religiosa » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosa o motivata dall’identità
sessuale della vittima ».
2. Alla rubrica dell’articolo 1 del decretolegge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con
modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993,
n. 205, le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o motivati
dall’identità sessuale della vittima ».
3. Al comma 1 dell’articolo 3 del decretolegge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con
modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993,
n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: « per finalità » sono sostituite dalle seguenti: « per motivi »;
b) dopo le parole: « o religioso » sono
inserite le seguenti: « o relativi all’identità
sessuale della vittima ».
4. Il comma 2 dell’articolo 3 del decretolegge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con
modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993,
n. 205, è sostituito dal seguente: « 2. La circostanza aggravante prevista
dal comma 1 è sempre considerata prevalente sulle circostanze attenuanti, diverse
da quella prevista dall’articolo 98 del codice penale, ai fini del bilanciamento di cui
all’articolo 69 del codice penale ».
ART. 4.
(Pena accessoria dell’attività non retribuita
in favore della collettività).
1. Dopo l’articolo 1 del decreto-legge 26
aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205,
come modificato dalla presente legge, è
inserito il seguente: « ART. 1-bis. – (Attività non retribuita in
favore della collettività). –
1. Con la sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’articolo 3 della legge 13 ottobre
1975, n. 654, o per uno dei reati previsti
dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, il giudice
dispone la pena accessoria dell’obbligo di
prestare un’attività non retribuita in favore
della collettività per finalità sociali o di
pubblica utilità, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 2.
2. L’attività non retribuita in favore della
collettività, da svolgere al termine dell’espiazione della pena detentiva per un periodo da sei mesi a un anno, deve essere
determinata dal giudice con modalità tali
da non pregiudicare le esigenze lavorative,
di studio o di reinserimento sociale del
condannato.
3. Possono costituire oggetto dell’attività
non retribuita in favore della collettività: la
prestazione di attività lavorativa per opere
di bonifica e di restauro degli edifici danneggiati con scritte, emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui al comma
3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975,
n. 654; lo svolgimento di lavoro in favore di
organizzazioni di assistenza sociale e di
volontariato, quali quelle operanti nei confronti delle persone disabili, dei tossicodipendenti, degli anziani, degli stranieri o in
favore delle associazioni di tutela delle per- sone omosessuali, bisessuali, transessuali o
transgender; la prestazione di lavoro per
finalità di protezione civile, di tutela del
patrimonio ambientale e culturale e per
altre finalità pubbliche.
4. L’attività può essere svolta nell’ambito
e in favore di strutture pubbliche o di enti
e organizzazioni privati ». 2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con
regolamento adottato con decreto del Ministro della giustizia sono determinate le
modalità di svolgimento dell’attività non
retribuita in favore della collettività, di cui
all’articolo 1-bis del decreto-legge 26 aprile
1993, n. 122, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, introdotto dal comma 1 del presente articolo.
3. La lettera a) del comma 1-bis e i
commi 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile
1993, n. 122, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono
abrogati.
ART. 5.
(Autorità garante della parità di trattamento
e della rimozione delle discriminazioni).
1. È istituita l’Autorità garante della
parità di trattamento e della rimozione
delle discriminazioni, di seguito denominata « Autorità ».
2. L’Autorità opera in piena autonomia
e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è organo collegiale costituito dal
presidente e da due membri, nominati con
determinazione adottata d’intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica. Essi sono scelti
tra persone di notoria indipendenza, non
dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano autonomia e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei
diritti umani.
3. I componenti dell’Autorità restano in
carica per cinque anni non prorogabili e
non possono ricoprire cariche istituzionali,
anche elettive, ovvero incarichi in partiti
politici.
4. L’Autorità ha diritto di corrispondere
con tutte le pubbliche amministrazioni e
con gli enti di diritto pubblico, nonché di
chiedere ad essi, oltre a notizie e informazioni, la collaborazione per l’adempimento
delle sue funzioni.
5. All’Autorità sono attribuite le seguenti funzioni:
a) fornire assistenza, nei procedimenti
giurisdizionali o amministrativi intrapresi,
alle persone che si ritengono lese da comportamenti discriminatori;
b) esaminare i reclami e le segnalazioni relativi a discriminazioni presentati
dagli interessati o dalle associazioni operanti nel settore;
c) svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria, inchieste al fine di verificare l’esistenza
di fenomeni discriminatori e, in caso di
accertamento di violazioni, formulare specifiche raccomandazioni;
d) promuovere misure specifiche, compresi progetti di azioni positive, dirette a
evitare o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza, all’origine etnica
o all’identità sessuale;
e) diffondere la massima conoscenza
possibile degli strumenti di tutela vigenti
anche mediante azioni di sensibilizzazione
dell’opinione pubblica sul principio della
parità di trattamento e la realizzazione di
campagne di informazione e comunicazione;
f) formulare pareri su questioni connesse alle discriminazioni per razza, origine etnica e identità sessuale, nonché proposte di modifica della normativa vigente;
g) redigere una relazione annuale per
le Camere sull’effettiva applicazione del
principio di parità di trattamento e sull’efficacia dei meccanismi di tutela, nonché
una relazione annuale al Presidente del
Consiglio dei ministri sull’attività svolta;
h) promuovere studi, ricerche, corsi di
formazione e scambi di esperienze anche
con le altre organizzazioni non governative
operanti nel settore e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica, anche al
fine di elaborare linee guida in materia di
lotta alle discriminazioni.
6. L’Autorità si avvale di personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni,
anche in posizione di comando o di distacco, ove consentito dai rispettivi ordinamenti.
7. È soppresso l’Ufficio per il contrasto
delle discriminazioni di cui all’articolo 7
del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215.
8. Per il funzionamento dell’Autorità è
autorizzata la spesa di 200.000 euro a decorrere dal 2018. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento del fondo speciale di
parte corrente iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2018-2020, nell’ambito del programma « Fondi di riserva e speciali » della
missione « Fondi da ripartire » dello stato
di previsione del Ministero dell’economia e
delle finanze per l’anno 2018, allo scopo
parzialmente utilizzando l’accantonamento
relativo al medesimo Ministero. Il Ministro
dell’economia e delle finanze è autorizzato
ad apportare, con propri decreti, le occor- renti variazioni di bilancio.
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